domenica 6 agosto 2017


"A Medjugorje capimmo scientificamente che non c'era una truffa"...
 
 

“I risultati delle indagini medico-scientifiche che operammo sui veggenti di Medjugorje ci hanno portato ad escludere la patologia o la simulazione, e dunque un’eventuale truffa.

Se si tratti di manifestazioni del divino non spetta a noi, ma possiamo certificare che non si trattò di allucinazioni né di simulazioni”.

Il professor Luigi Frigerio arrivò per la prima volta a Medjugorje nel 1982 per accompagnare una paziente guarita da un tumore all’osso sacro, le apparizioni erano iniziate da un anno appena, ma la fama di quel posto così sperduto dove si diceva che apparisse la Gospa, era già iniziata a diffondere in Italia.

Frigerio conobbe la realtà del paesino della Bosnia, e venne incaricato dal vescovo di Spalato di avviare un’indagine medico scientifica sui sei ragazzini che asserivano di vedere e parlare con la Madonna.

Oggi, 36 anni dopo, nel pieno della diatriba su Medjugorje sì o no, che sta animando il dibattitto cattolico dopo le esternazioni di Papa Francesco, torna a riparlare di quell’attività di indagine, che venne consegnata immediatamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede, direttamente nelle mani del Cardinal Ratzinger.

Per confermare che non ci fu truffa, e che le analisi vennero fatte nel 1985, dunque già in quella che, secondo la commissione Ruini, sarebbe la seconda fase delle apparizioni, quella più “problematica”.

Ma soprattutto per ricordare che quegli studi, non sono mai stati confutati da nessuno, e dopo anni di silenzio, Frigerio ha deciso di raccontare come andò l’indagine sui veggenti.

Professore, da chi era composta l’equipe?

Eravamo un gruppo di medici italiani: io, che all’epoca ero alla Mangiagalli, Giacomo Mattalia, chirurgo alle Molinette a Torino, il prof. Giuseppe Bigi, fisiopatologo dell’Università di Milano, il dottor Giorgio Gagliardi, cardiologo e psicologo, Paolo Maestri, otorinolaringoiatra, Marco Margnelli, neurofisiologo, Raffaele Pugliese, Medico Chirurgo, il prof Maurizio Santini, neuropsicofarmacologo dell’Università di Milano.

Quali strumenti avete utilizzato?

Avevamo apparecchiature sofisticate già all’epoca: un algometro per studiare la sensibilità al dolore, due estesiometri corneali per toccare la cornea, un poligrafo multicanale, la cosiddetta macchina della verità per lo studio contemporaneo della frequenza respiratoria, della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della resistenza dermocutanea e la portata vascolare periferica.

Inoltre avevamo un apparecchio che si chiama Ampleid mk 10 per l’analisi delle vie uditive e oculari, un impedenzometro ampleid 709 dell’Amplfon per i riflessi uditi del nervo acustico, della coclea e del muscolo facciale, e infine alcune telecamere per lo studio della pupilla.

Chi vi incaricò di effettuare l’indagine?

L’equipe si forma nel 1984 dopo l’incontro con il Vescovo di Spalato Frane Franic, sotto la cui metropolia dipende Medjugorje, ci chiese uno studio, era sinceramente interessato a capire se quei fenomeni arrivassero da Dio.

Tenga presente che era ancora vivo il maresciallo Tito, quindi per loro era indispensabile avere un’equipe di medici esterni.

Il vostro fu il primo gruppo medico a intervenire?

Contemporaneamente al nostro studio si stava svolgendo l’indagine di un gruppo francese, coordinata dall’Università di Montpellier del professore Joyeux, quel gruppo era nato su interessamento del celebre mariologo René Laurentin, si dedicarono principalmente agli studi elettroencefalografici.

Questi esclusero forme di sonno o di epilessia, avevano dimostrato che il fondo dell’occhio e il sistema oculare, era anatomicamente normale.

Quando avvennero le indagini?

Facemmo due viaggi: uno tra l’8 e il 10 marzo 1985, il secondo tra il 7 e il 10 settembre 1985.

Nella prima fase studiammo il riflesso dell’ammiccamento spontaneo, e il battito delle ciglia e la conseguente lubrificazione dell’occhio mediante la palpebra.

Nel toccare la cornea capimmo che si poteva escludere scientificamente una qualche forma di simulazione, magari attraverso l’utilizzo di farmaci, perché subito dopo il fenomeno, la sensibilità dell’occhio ritornava sui valori normalissimi, ci colpì il fatto che cessavano gli ammiccamenti naturali dell’occhio, prima di fissarsi su un’immagine.

I sei veggenti avevano una discrepanza di un quinto di secondo, in posizioni diverse, nel fissare il medesimo punto dell’immagine, con differenze impercettibili tra di loro, quindi in simultanea.

E nel secondo test di settembre?

Ci concentrammo sullo studio del dolore, utilizzando l’algometro, che è una piastra d’argento di un centimetro quadrato che si surriscalda fino a 50 gradi, toccavamo la pelle prima del fenomeno, durante e dopo.

Ebbene: prima e dopo i veggenti allontanavano le dita in una frazione di secondo, secondo i parametri, mentre durante il fenomeno, diventavano insensibili al dolore, abbiamo provato a prolungare l’esposizione oltre i 5 secondi, ma fermammo per evitare loro delle ustioni.

La reazione era sempre la medesima: insensibilità, nessun processo di fuga dalla piastra incandescente.

L’insensibilità si manifestava anche in altre parti del corpo sollecitate?

Toccando la cornea con una pesata minima di 4 milligrammi in fase normale, i veggenti chiudevano l’occhio immediatamente; in fase di fenomeno gli occhi rimanevano aperti nonostante sollecitazioni anche oltre i 190 milligrammi di pesata.

Significa cioè che il corpo resisteva a sollecitazioni anche invasive?

Sì, l’attività elettrodermica di questi ragazzi durante le manifestazioni era caratterizzata da una modifica progressiva, e da un aumento della resistenza cutanea, l’ipertonia del sistema ortosimpatico si attenuava subito dopo l’evento, dai tracciati elettrodermici si notava un’assenza totale di resistenza elettriche cutanee.

Ma questo si verificava anche quando utilizzavamo un pennino per ulteriori stimoli algici improvvisi o quando utilizzavamo un flash fotografico: l’elettrodermia si modificava, ma erano completamente insensibili alla circostanza.

Appena terminata l’esposizione al fenomeno, i valori e le reazioni ai test erano perfettamente normali.

Fu per voi una prova?

Fu la prova che se esiste una definizione di estasi, cioè di essere distaccati da quella che è la circostanza, loro erano assolutamente e fisicamente assenti.

E’ la stessa dinamica notata dal medico di Lourdes su Bernadette quando fece la prova della candela, noi applicammo lo stesso principio con macchinari ovviamente più sofisticati.

Una volta redatte le conclusioni che cosa faceste?

Consegnai io personalmente al Cardinal Ratzinger lo studio che fu molto dettagliato e corredato da fotografie, andai in Congregazione per la Dottrina della fede dove ad attendermi, c’era il segretario di Ratzinger, il futuro Cardinal Bertone.

Ratzinger stava ricevendo una delegazione di spagnoli, ma li fece attendere oltre un’ora per parlare con me, e gli illustrai sinteticamente il nostro lavoro poi gli chiesi che cosa ne pensasse.

E lui?

Mi disse: “E’ possibile che il divino si riveli all’umano attraverso l’esperienza dei ragazzi”, mi accomiatò e sulla soglia gli chiesi: “Ma il Papa come la pensa?”. Rispose: “Il Papa la pensa come me”, e tornato a Milano pubblicai un libro con quei dati.

Che cosa ne è del vostro studio ora?

Non lo so, però so che servì alla Congregazione, e quindi alla Santa Sede per non vietare i pellegrinaggi, il Papa voleva capire in via preliminare questo, per decidere eventualmente se bloccare i pellegrinaggi, ma letto il nostro studio, decisero di non ostacolarli, e di permetterli.

Crede che il vostro studio sia stato acquisito dalla commissione Ruini?

Credo di Sì, ma non ho informazioni in merito.

 

Perché crede di Sì?

Perché verificammo che i ragazzi erano attendibili, e soprattutto nel corso degli anni nessuno studio successivo confutò le nostre risultanze.

Sta dicendo che nessuno scienziato è intervenuto per contraddire il vostro studio?

Esatto, la questione fondamentale era stabilire se in queste presunte visioni e apparizioni i veggenti credevano in ciò che vedevano, o vedevano ciò che credevano.

Nel primo caso la fisiologia del fenomeno è rispettata, nel secondo caso ci saremmo trovati di fronte a una proiezione allucinatoria di carattere patologico. Sul piano medico-scientifico fummo in grado di stabilire che questi ragazzi credevano in ciò che vedevano, e questo fu un elemento da parte della Santa Sede, per non chiudere lì questa esperienza, e non proibire visite di fedeli.

Oggi si è tornati a parlare di Medjugorje dopo le parole del Papa, se fosse vero che non si tratta di apparizioni, significherebbe che saremmo di fronte ad una truffa colossale da 36 anni.

Sono in grado di escludere la truffa: non fummo autorizzati a fare il test del naloxone per vedere se si fossero drogati, ma c’erano evidenze elementari anche perché dopo un secondo tornavano ad avere dolore come gli altri.

Lei ha parlato di Lourdes, vi siete attenuti alle metodologie di indagine del bureau medical?

Esattamente, le procedure adottate furono le stesse, e di fatto eravamo un bureau medical in trasferta, e nella nostra equipe c’era il Dottor Mario Botta, che faceva parte proprio della commissione medico-scientifica di Lourdes.

Che cosa pensa delle apparizioni?

Quello che posso dire è che certamente non c’è frode, non c’è simulazione, e questo fenomeno non trova tutt’ora una spiegazione medico-scientifica valida, il compito della medicina è escludere una patologia, che qui è stata esclusa.

L’attribuzione di questi fenomeni, a un evento soprannaturale non è compito mio, noi abbiamo solo il compito di escludere la simulazione o la patologia.
Andrea Zambrano

 

La storia di Claude Newman, il condannato a morte convertito dalla medaglia miracolosa
 
 

Dio dona a tutti gli uomini la sua grazia e la sua benevolenza. Per farlo si serve sempre, in modo visibile o nascosto, della mediatrice di tutte le grazie, la Madonna. La vicenda, accaduta nel 1944 nel sud degli Stati Uniti, ne è una straordinaria e consolante riprova. Ne fu testimone padre Robert O'Leary SVD (1911-1984), missionario nel Mississippi, che lasciò ai posteri una registrazione audio dal titolo: «La conversione del prigioniero Claude Newman». Questa è la storia che raccontò. 
 
Claude Newman (1923-1944), un uomo di colore, a soli 5 anni era stato separato dalla madre Floretta e mandato a Bovina, una piccola località a est della città di Vicksburg, in Mississippi. Lì, insieme al fratello più grande, crebbe con la nonna Ellen Newman.
Fin da bambino Claude dovette prender parte al pesante lavoro nelle piantagioni di cotone, dove lavorava anche Sid Cook, l'uomo che nonna Ellen aveva sposato nel 1939. Dopo aver assistito ai continui maltrattamenti e alle percosse che l'amata nonna subiva da parte del marito, il pomeriggio del 19 dicembre 1942 Claude uccise Cook con un colpo d'arma da fuoco. Aveva 19 anni. Cercò di fuggire, ma dopo alcune settimane fu arrestato e condannato a morte.
Nel 1943 Claude Newman si trovava in prigione a Vicksburg, in attesa dell'esecuzione. Divideva la cella con altri quattro detenuti. Una sera i cinque conversavano tra di loro quando, in un momento di silenzio, Claude notò una specie di fogliolina appesa con una cordicella al collo di uno dei presenti. Incuriosito domandò di cosa si trattasse. ll compagno di cella rispose bruscamente: «È una medaglia». Claude chiese ulteriori spiegazioni. Il detenuto di fronte a lui era cattolico, ma non sapeva spiegare il senso e lo scopo di quella medaglia. Se la strappò dal collo e, bestemmiando, la buttò ai piedi di Claude gridando: «Su, prenditela!».
Claude, senza dire una parola, raccolse la medaglia miracolosa e, con il permesso delle guardie, se l'appese al collo. Si sentiva attirato da quell'oggetto e lo voleva portare come ornamento.
La stessa notte stava dormendo sulla sua branda, quando all'improvviso fu svegliato da qualcuno che gli aveva toccato il polso. Più tardi raccontò a padre O'Leary: «Davanti a me stava la donna più bella che Dio abbia mai creato». Claude, si spaventò, non sapeva cosa fare. Ma la Signora lo tranquillizzò dicendo: «Se mi vuoi come madre e vuoi diventare mio figlio, fai chiamare un sacerdote cattolico». Dopo di che la Signora scomparve e Claude gridò: «Chiamatemi un sacerdote cattolico!».
Così padre O'Leary la mattina seguente andò da lui. Claude gli confidò quanto era accaduto durante la notte. Poi chiese di ricevere un'istruzione religiosa. Il buon padre O'Leary era scettico, ma promise di assolvere a quella richiesta.
Tornato nella sua parrocchia, padre O'Leary raccontò al suo parroco l'avvenimento. Il giorno dopo si recò puntualmente nella prigione per la prima lezione di catechismo. Lì dovette constatare che Claude Newman non sapeva né leggere né scrivere, perché non aveva mai frequentato la scuola e la sua ignoranza riguardo la fede era ancora piu grande. Non sapeva nulla di nulla. Non conosceva Gesù e sapeva solo che esisteva un Dio.
Cosi Claude venne istruito, ma la cosa sorprendente è che anche i suoi compagni di cella lo seguirono. Dopo alcune settimane, un giorno, durante la catechesi, padre O'Leary disse: «Allora ragazzi, oggi parliamo del sacramento della confessione». Claude subito rispose: «Oh, su questo sono informato! La Signora mi ha detto che noi, quando ci confessiamo, non ci inginocchiamo davanti al sacerdote, ma davanti alla croce di suo Figlio. E quando ci pentiamo davvero dei nostri peccati e li confessiamo, il sangue che Lui ha versato per noi scorre su di noi e ci purifica dai nostri peccati».
Padre O'Leary rimase di stucco. «Oh, non sia arrabbiatol», si scusò Claude, «non ho voluto precederla». «Non sono arrabbiato, solo sorpreso. Allora hai visto di nuovo la Signora?», domandò il religioso turbato. Ma solo quando i due si ritrovarono per alcuni istanti in disparte, il giovane rispose serio: «La Signora mi ha detto, se lei avesse dei dubbi o delle esitazioni, che avrei dovuto ricordarle la promessa che lei fece alla Madonna in Olanda, nel 1940, mentre era in trincea, e della quale lei aspetta ancora l'adempimento». «Poi», cosi ricordò O'Leary, «Claude mi descrisse precisamente in cosa era consistita la promessa. Questo incredibile fatto mi convinse totalmente che, riguardo le apparizioni, Claude stava dicendo la verità».
Ritornato nel gruppo, Claude continuo ad incoraggiare i suoi quattro compagni: «Non abbiate paura della confessione! Davvero voi dite i vostri peccati a Dio e non al sacerdote. Sapete, la Madonna mi ha spiegato: noi parliamo attraverso il sacerdote a Dio e Dio, attraverso il sacerdote, parla a noi».
La settimana dopo padre O'Leary preparò per i suoi cinque detenuti catecumeni una lezione sul Santissimo Sacramento. Claude gli fece comprendere che la Madre di Dio lo aveva istruito anche su questo. Con il permesso del sacerdote, iniziò a spiegare: «La Madonna mi ha detto che  l'Ostia ha solo l'apparenza di un pezzo di pane, ma in verità è suo Figlio. Ella mi ha anche spiegato che Gesù rimane solo per breve tempo dentro di me, come rimase dentro di lei prima della sua nascita a Betlemme.
 Perciò dovrei passare il tempo con lui come ha fatto lei durante la sua vita: amandolo, adorandolo, lodandolo, chiedendo la sua benedizione e ringraziandolo. In quei minuti non dovrei pensare a nessuno e a nulla, ma passare il tempo con lui solo».
Conclusa la catechesi, i cinque ricevettero il battesimo. Era il 16 gennaio del 1944. Quattro giorni dopo avrebbe avuto luogo l'esecuzione di Claude.
Il giorno precedente alla sedia elettrica lo sceriffo Williamson gli disse: «Claude, puoi esprimere un ultimo desiderio. Cosa vuoi?». E lui rispose: «Voi siete tutti agitati. Anche le guardie sono confuse, ma non capite: solo il mio corpo morirà, io andrò a stare con Lei. Perciò vorrei organizzare una festa». «Cosa intendi?» chiese lo sceriffo. «Un party», rispose Claude con calma. «Potrebbe chiedere a padre O'Leary di organizzare una festa con dolci e gelato e permettere ai prigionieri del secondo piano di muoversi liberamente nella sala principale, in modo che tutti possiamo festeggiare?»

«Qualcuno potrebbe aggredire il sacerdote...» avvertì uno dei sorveglianti. Claude si rivolse ai suoi compagni e chiese: «Ragazzi, non lo farete, vero?». Allora il sacerdote andò a far visita ad una ricca benefattrice della parrocchia la quale provvide ai dolci e al gelato. Cosi i prigionieri ebbero il loro party.
Alla fine, nella stessa sala, su desiderio di Claude, tutti poterono vivere anche un'ora santa di preghiera. Meditarono la Via Crucis, pregarono per Claude e per la salvezza delle loro anime. I prigionieri ritornarono nelle loro celle e  padre O'Leary si recò in cappella. Andò a prendere l'Eucarestia e fece fare a Claude la Comunione. Poi i due rimasero ancora in preghiera inginocchiati.
Il sacrificio d'amore per un caso disperato
Quindici minuti prima dell'esecuzione, lo sceriffo Williamson salì le scale, correndo e gridando ad alta voce: «Proroga, proroga, il governatore ha data una proroga di due settimane!». Presso gli uffici competenti, lo sceriffo e l'avvocato di zona avevano tentato tutto il possibile per salvare la vita di Claude. Quando ne fu informato, egli cominciò a piangere. O'Leary e Williamson pensavano che fossero lacrime di gioia e di sollievo. Ma Claude, singhiozzando, disse: «Voi non capite nulla! Se aveste visto solo una volta il "Suo" volto e guardato nei "Suoi" occhi, non vorreste vivere neanche un giorno di più. Dove ho sbagliato?», chiedeva al religioso, «che Dio mi rifiuta di tornare in patria? Perché dovrei vivere per altre due settimane sulla terra?». 
O'Leary ebbe un'idea: ricordò a Claude James Hughes, un altro detenuto, che aveva condotto una vita perversa, anch'egli condannato a morte; mentre Claude veniva educato nella fede cattolica, James aveva iniziato a nutrire un profondo odio verso di lui.
«Forse Maria desidera che tu offra questa rinuncia, il non poter essere ancora presso di Lei, per la conversione di Hughes», disse. «Perché non offri a Dio ogni momento lontano dalla Madonna per questo prigioniero, per far sì che non resti lontano da Dio per  l'eternità?». Claude fu d'accordo e chiese al suo interlocutore di insegnargli le preghiere necessarie. Per due settimane offrì tutto quello che poté per James Hughes.
Alla fine Cluade Newman fu giustiziato e padre O'Leary commentò: «Mai avevo visto prima qualcuno andare incontro alla morte cosi sereno». Anche i testimoni ufficiali e i giornalisti ne furono sbalorditi e non riuscivano a comprendere come il volto di un condannato a morte sulla sedia elettrica potesse esprimere tanta serenità.
Le ultime parole di Claude furono per il religioso: «Padre, mi ricorderò di lei e quando avrà un desiderio, si rivolga a me ed io chiederò alla bella Signora».  
Era il 4 febbraio 1944. La notizia dell'esecuzione di Claude Newman fu pubblicata il giorno stesso sul «Vicksburg Evening News»: «Questa mattina alle ore 7.00, nella prigione federale di Warren, mediante sedia elettrica, si é svolta l'esecuzione capitale di Claude Newman, un uomo di colore di vent'anni. Egli é stato accompagnato da padre O'Leary. Prima dell'esecuzione Newman, che in prigione é diventato cattolico, ha detto: "Sono pronto ad andare!"» 
Salvato all'ultimo momento
Tre mesi dopo, il 19 maggio 1944, doveva aver luogo l'esecuzione di James Hughes, l'uomo che aveva odiato profondamente Claude Newman. Padre O'Leary raccontò: «Era il tipo più disonesto e immorale che avessi mai conosciuto. Il suo odio contro Dio e contro tutto ciò che è spirituale è impossibile descriverlo».
Poco prima di essere accompagnato dallo sceriffo nella cella dell'esecuzione, il medico del carcere chiese a Hughes almeno di inginocchiarsi e di recitare il Padre Nostro. Come risposta, costui, bestemmiando, gli sputò in faccia.
Appena Hughs fu fissato sulla sedia, lo sceriffo fece un ultimo tentativo: «Se avesse ancora da dire qualcosa, lo dica ora!». La risposta fu un'altra bestemmia. Ma poi, all'improvviso, ammutolì. Fissando con occhi sbarrati dallo spavento un angolo della stanza, ad alta voce gridò: «Portatemi un sacerdote!».
Poiché la legge di Mississippi prescrive la presenza di un sacerdote alle esecuzioni capitali, O'Leary era già nella stanza, ma nascosto dietro alcuni giornalisti, perché Hughes aveva minacciato di bestemmiare Dio, se avesse visto un «pretaccio».
O'Leary andò immediatamente dal condannato, il quale gli disse: «Sono cattolico, ma a diciotto anni, per la mia vita immorale, mi sono allontanato dalla Chiesa». Poi tutti uscirono. Rimasero solo il sacerdote e il prigioniero. James Hughes si confessò come un bambino, con profondo pentimento.
 Quando tutti rientrarono nella stanza, lo sceriffo domandò con curiosità: «Padre, cosa ha provocato il cambiamento di Hughes?». «Non lo so», rispose O'Leary. Lo sceriffo si rivolse al condannato: «Cosa ti ha fatto cambiare idea?» «Si ricorda l'uomo di colore, Claude Newman, che non potevo sopportare?», chiese un Hughes totalmente diverso. «Stava qui in quell'angolo e dietro di lui, con le mani sulle spalle di Claude, la Santa Vergine. Poi Claude mi ha detto: "Ho offerto la mia morte in unione con Cristo sulla Croce per la tua salvezza.

La Madonna ha ottenuto per te la grazia di vedere il luogo dell'inferno a cui sei destinato, se non dovessi pentirti". E in quell'attimo ho chiesto ad alta voce un prete». Poco dopo James Hughes fu giustiziato. Si era convertito all'ultimo momento....